Intervista all’arch. Marco Capellini da ddn
Quali sono il suo ruolo e il suo contributo nel team ministeriale che si occupa del programma?
Ho affiancato il team di esperti che da diversi anni si occupa del Carbon Footprint per la parte del design sociale. Che in pratica consiste nel tracciare la filiera del sociale, accanto a quella ambientale, per poi racchiudere tutte le informazioni in un unico label, l’etichetta che spiega al consumatore i valori socio-ambientali del prodotto.
Che significa tracciare la filiera del sociale?
Vuol dire risalire a tutti i soggetti che partecipano alla realizzazione di un prodotto: dai semilavorati, alla materia prima… e andare a vedere gli aspetti sociali delle aziende, persone singole, cooperative, in termini di servizi sociali, rispetto del diritti dei lavoratori, iniziative, educazione e tutela di questi diritti e della salute… Il primo caso è stata l’azienda brasiliana Osklen.
Parlami di Osklen e di questa ricerca in Brasile.
Per il Brasile, ci siamo rifatti ai parametri del Millennium Goal: otto punti definiti dalle Nazioni Unite per il 2015, che prevedono il rispetto di una serie di aspetti nello sviluppo dei prodotti. Così per Osklen, abbiamo tracciato la filiera: aziende, persone, cooperative, e siamo andati a vedere lo stato dei singoli soggetti produttivi. Abbiamo messo a sistema le informazioni e tracciato la mappa della filiera che ne evidenzia l’impegno sociale. Nel caso Osklen, abbiamo analizzato sei prodotti, secondo l’accordo tra Ministero dell’Ambiente, Forum das Americas, Instituto-e, ente no profit che opera a livello ambientale, e l’azienda Osklen, guidata dallo stilista Oskar Metsavahat.
Altri progetti in Brasile?
Tra quelli fatti in partnership con la nostra rappresentanza in Brasile, ci sono diverse mostre e, per il Ministero dell’Ambiente, un libro, “Design Italiano per la Sostenibilità”, che evidenzia prodotti che coniugano entrambi gli aspetti. Un volume trasformato in mostra a São Paulo nel 2011 e a Rio de Janeiro lo scorso luglio, durante i giochi Olimpici Militari. Molti sono gli incontri, i seminari, le iniziative con istituzioni brasiliane e aziende. E a novembre abbiamo partecipato ad una grande fiera a Rio.
Perché una presenza forte in Basile?
Il Brasile rappresenta una parte delle mie attività, ma in questo momento io reputo questo Paese molto interessante, in crescita e strategico. Mi interessa perché ha un enorme patrimonio di risorse naturali, di materie prime, che cerca di valorizzare. Quindi e in gioco mio interesse per i materiali. Tanto che, in novembre, abbiamo lanciato MATREC in Brasile, con una rete per gestire informazioni e promuovere azioni congiunte.
I brasiliani sono molto sensibili all’aspetto culturale, in particolare ad una cultura legata ai materiali e, in questo, appaiono molto diversi dallo stile europeo. I loro prodotti nascono da un’idea artigianale molto interessante, a cui si aggiunge una fantastica inesauribile capacità di usare il colore, che continua a stupirmi. Nello sviluppo degli arredi, della moda, come del tessile, della grafica…
Il programma Carbon Footprint si può utilizzare nell’ambito delle piccole-medie imprese?
Assolutamente si, perché il tema della sostenibilità ambientale e sociale è strategico per la competitività sui mercati internazionali. Tutti i nuovi prodotti devono avere una identità ambientale: le aziende più grandi riescono ad attrezzarsi in autonomia, ma le più piccole devono essere aiutate. II fatto di sviluppare un progetto con dentro i parametri della sostenibilità, non porta ad alzarne il prezzo ma il valore. Le aziende si spaventano di fronte a queste “rivoluzioni”, ma non tutte: alcune, anche in Italia e nello specifico del legno-arredo, stanno facendo innovazione ambientale e stanno crescendo. Ad esempio, Regenesi per l’oggettistica, ha chiamato designer internazionali per oggetti che seguono la linea guida della sostenibilità e del materiale riciclato. Oppure Alisea, ancora per l’oggettistica di design, o Essent’ial per gli accessori per la casa. Come pure Kube Design, azienda che nasce come scatolificio e realizza prodotti di design in cartone riciclato. Per non parlare di Valcucine di cui tutti da tempo apprezziamo la passione ambientale e il lavoro.
Una valutazione di impegno ambientale nelle aziende del settore arredo legno?
Ho visto un grosso passo in avanti nelle aziende del settore, che sempre di più dichiarano di utilizzare legno certificato, come pure nell’ambito della rinnovabilità della materia prima. Molto spesso si pensa che la prima cosa da fare sia analizzare ii prodotto, mentre il problema magari riguarda il processo o la stessa distribuzione. E poi c’è il fine vita che è fondamentale. Stiamo lavorando adesso sugli indicatori di rinnovabilità dei materiali, che ci permettono di calcolare gli anni di un prodotto. L’età di un prodotto corrisponde agli anni necessari per rigenerare i materiali impiegati. È vero che il settore legno e arredo dovrebbe fare qualche passo avanti in termini di strategia ambientale. Però, chi ha iniziato lo ha fatto col piede giusto.
C’è un messaggio che le preme inviare in tema di sostenibilità sull’asse Italia-Brasile?
Quello di Italia-Brasile è un rapporto molto importante, perché sono due mercati che da anni si guardano e stanno sviluppando progetti in sinergia. Noi abbiamo da imparare da loro e, viceversa, loro possono imparare da noi. L’aspetto materiali è fondamentale e il grande lavoro che stiamo facendo con la banca dati MATREC inizia a dare frutti a livello internazionale. È strategico per le aziende sapere scegliere i materiali in funzione delle caratteristiche ambientali. Non basta mettere un bollino verde su un materiale per dire che e “eco”, bisogna conoscerne tutti gli aspetti ambientali intrinseci.