Di arch. Marco Capellini
Nel 1992 i leaders del mondo si riuniscono a Rio de Janeiro dando vita ad un evento “storico” – la Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo (UNCED) – volto a creare consenso e accordi internazionali sugli aspetti cruciali riguardanti la tutela dell’ambiente e lo sviluppo. In questa occasione vengono adottate la Convenzione sulla Diversità biologica (CBD) – oggi sottoscritta da 192 Stati – la Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici, presentata la Dichiarazione di Rio a conclusione dei lavori e l’Agenda 21, una sorta di Piano strategico sulle azioni ambientali da perseguire nel corso del 21° secolo. Vengono confermate – sulla linea del Rapporto Brundland – le caratteristiche fondamentali dello sviluppo sostenibile, in particolare equità e giustizia sociale; la necessità di cooperare a livello internazionale; una visione di lungo periodo e l’applicazione del principio precauzionale laddove non si conoscano gli effetti ambientali di una determinata azione; una visione sistemica dello sviluppo in grado di considerare ed integrare le relazioni tra ambiente, economia e società. Gli obiettivi che lo sviluppo sostenibile si pone devono infatti essere interpretati in termini di sostenibilità ambientale orientata alla conservazione e alla gestione delle risorse naturali; di sostenibilità economica orientata ad una prosperità di lungo periodo; di sostenibilità sociale orientata alla riduzione della povertà, alla promozione dei diritti umani e delle opportunità con particolare attenzione ai Paesi del Sud del mondo. La Conferenza di Rio ha segnato l’avvio della negoziazione ambientale multilaterale e la proliferazione di piani, politiche, strategie, iniziative ambientali settoriali sia a livello internazionale che regionale. Nello stesso tempo un vasto gruppo di organizzazioni governative e non governative, il mondo imprenditoriale, i governi nazionali e le amministrazioni locali hanno adottato il concetto di sviluppo sostenibile plasmandolo ed interpretandolo in funzione delle proprie specifiche motivazioni.
Se le innumerevoli azioni che si sono moltiplicate negli anni hanno accresciuto la comprensione e la promozione del significato e della portata dello sviluppo sostenibile nell’ambito dei differenti contesti e settori di applicazione, il Vertice mondiale sullo Sviluppo Sostenibile del 2002 a Johannesburg (Rio+10) ha dimostrato come l’implementazione dei principi e degli obiettivi contenuti nell’Agenda 21 sia stata lenta, limitata a particolari aspetti e in alcuni casi non del tutto efficace. Lo sviluppo sostenibile rimane infatti un concetto dal significato controverso soprattutto in relazione alla sua concreta operatività e alla sua misurazione. Tradurre in pratica i principi dello sviluppo sostenibile, valutarne l’efficacia nel lungo periodo e coordinare le innumerevoli politiche e azioni settoriali a livello nazionale ed internazionale, è certamente difficile. La principale criticità riguarda l’ambiguità e la natura contraddittoria del duplice obiettivo della crescita economica e della sostenibilità. Come si può crescere in termini economici sfruttando le risorse ambientali e nello stesso tempo conservare queste risorse per la soddisfazione dei bisogni delle generazioni presenti e future? I primi anni del nuovo Millennio hanno visto il diffondersi di numerose politiche ambientali settoriali orientate all’applicazione dei principi dello sviluppo sostenibile nella mobilità e nei trasporti, nell’energia, nell’industria attraverso l’eco-innovazione e il design sostenibile, nella gestione delle risorse naturali, nel turismo. Nuove azioni economico-ambientali si sono affacciate all’orizzonte spinte dal forte impatto mediatico sugli effetti dei cambiamenti climatici globali, della questione energetica e del ruolo svolto dalle nuove economie emergenti, producendo una rinnovata e più o meno autentica sensibilità ambientale nei produttori, nei consumatori e nei responsabili delle politiche economiche globali. Nuovi termini come “low carbon economy” e “green economy” stanno dominando negli ultimissimi anni la scena internazionale ed evidenziano la necessità di imprimere una svolta decisiva sull’intero sistema economico globale improntato all’eco-innovazione e a tecnologie ambientali sempre più efficienti. La Conferenza delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile UNCSD che si terrà nuovamente a Rio de Janeiro nel 2012 – vent’anni dopo lo “storico” incontro che diede avvio e popolarità al concetto dello sviluppo sostenibile – affronterà i temi inerenti la “green economy” e la questione del coordinamento istituzionale delle diverse politiche ambientali con l’obiettivo di assicurare un rinnovato impegno verso lo sviluppo sostenibile, di valutare i progressi ottenuti e di indirizzare le nuove sfide emergenti. Dovranno essere rivitalizzate le promesse e lo spirito della prima Conferenza di Rio de Janeiro per fare in modo che l’idea dello sviluppo sostenibile continui ad essere un ponte tra economia, società e ambiente, tra Paesi sviluppati e non sviluppati, tra i Governi, il mondo imprenditoriale e scientifico, la società civile, le politiche pubbliche, le generazioni presenti e quelle future. Perché non può esistere prosperità e benessere senza tutela dell’ambiente.